Con la riforma Dini del 1995, non solo è stato avviato il calcolo della pensione con
con il metodo contributivo, ma ha introdotto anche dei limiti per quanto riguarda la cumulabilità delle reversibilità con i redditi del del coniuge superstite, ovviamente se esistenti.
Riduzioni in pensione per queste categorie: ecco quali. “Vergogna”
La pensione di reversibilità è come stavamo dicendo, un sostegno per chi ha perso un familiare pensionato. Essa è collegata alla pensione che riceveva la persona in questione prima di morire. A questa specie di bonus possono accedere i familiari della persona deceduta se appunto essa aveva una pensione di vecchiaia, di anzianità, di invalidità o similari.
Questo tipo di aiuto, è diverso dalla pensione indiretta, che invece, spetta solo ai familiari più vicini se il deceduto non prendesse una pensione di tipo diretto. La reversibilità per chi è iscritto alla previdenza pubblica, ovvero all’Inps o all’Inpdap può essere richiesta per il coniuge vivo al 60 per cento della pensione goduta in vita dal titolare.
Mentre al figlio unico superstite, che però è minorenne, studente o inabile spetta invece il 70%. Se si hanno più figli e la quota spetta anche al coniuge, ognuno di essi potrà ricevere 20% mentre se non spetta al coniuge si alza al 40%. Invece, a genitori o fratelli e sorelle, spetta il 15% per ciascuno.
Ovviamente però questo dipende anche dalla situazione economica del superstite. Infatti se si ha un reddito superiore a 3 volte il minimo dell’INPS, la pensione viene ridotta del 25%. Invece se è 5 volte più alta viene ridotta del 40%.
La condizione di ridotta cumulabilità è una specie di discriminazione, dato che ci lavora e percepisce quindi un reddito o paga i contributi, non può richiederla, andando a perdere così, i soldi della persona defunta, sicuramente cosa non giusta nei confronti di tutte le persone che lavorano ma sono comunque in difficoltà.
