Il burro costituisce la più diffusa e probabilmente antica forma di “grasso alimentare” disponibile fin dai tempi antichi, in quanto deriva dalla produzione del latte, in particolare dalla parte più grassa di questo alimento. Per secoli interi è stato considerato essenziale dato l’apporto nutritivo sia come alimento che come condimento, ma a partire dal 20° secolo è stato associato ad una nomea poco positiva dieta, associando questo alimento anche a diverse malattie cardiovascolari.
Non aggiungere mai burro in questi casi: ecco cosa succede
In realtà il burro non è così “nocivo” e non sono state riscontrate delle verie rilevanze tra il consumo di questo alimento ed una generalizzata forma di salute negativa. Anche se è composto quasi esclusivamente da grasso del latte, questo viene gestito in modo relativamente efficiente da un organismo sano, mentre va ovviamente evitato (ma non completamente) nell’utilizzo da parte di soffre di problematiche come il sovrappeso o l’obesità oltre alla pressione alta.
Il burro viene anche largamente utiilizzato come condimento, culturalmente si identifica ancora con diverse preparazioni culinarie italiane, specialmente delle tradizioni del Nord, anche se in linea di massima quando possibile è meglio sempre preferire l’olio extra vergine per una cottura / frittura più sana.
Anche aggiungere il burro ad una preparazione troppo presto rischia di disperdere buona parte degli elementi nutritivi del prodotto, oltre a renderlo potenzialmente meno salutare. Il segreto è non aggiungerlo tropo presto ma quando il cibo è già quasi arrivato alla cottura finale.
In generale il burro ad una preparazione già molto complessa non è una buona idea, per le preparazioni di questo tipo è decisamente consigliabile (come nel caso di dolci e fritture) fare ricorso al cosiddetto burro chiarificato, che è sostanzialmente il burro “puro”, senza acqua e alcuna forma di caseina, che risulta maggiormente adatto alla cottura anche a temperature più elevate di quello tradizionale.
