Statisticamente quasi la metà degli italiani fa ricorso in maniera costante al pesce in scatola, in particolare il tonno risulta essere una delle varianti “preferite” in quanto estremamente pratico, comodo da avere in casa e decisamente polivalente nelle preparazioni, anche se il tonno in scatola da anni viene messo quanto meno “sotto osservazione” per gli effetti negativi scaturiti da elementi come il mercurio.
Il tonno può contenere mercurio? Ecco cosa dice l’esperto
Ma il tonno in scatola contiene effettivamente mercurio? Generalmente si, anche se non si tratta di qualcosa inerente alla conservazione nelle scatolette di metallo, quanto più qualcosa di inerente all’ambiente di vita di pesci e melluschi che a causa della struttura piramidale della catena alimentare ottengono la forma più comune di mercurio “alimentare” definito metilmercurio semplicemente attraverso il consumo di molluschi ed altri pesci.
Del resto il metilmercurio, la forma del metallo più assorbita dall’uomo, che ne risulta quasi esclusivamente attraverso il consumo di prodotti della pesca, ed il corpo umano come quello della maggior parte dei mammiferi non è in grado di rimuovere questa forma di metallo in maniera efficace dall’organismo.
In linea di massima se non vengono consumate quantità eccessive di prodotti ittici come il tonno in scatola i livelli di mercurio non sono problematici (mentre il consumo dovrebbe essere eliminato o molto limitato per le donne in gravidanza, in quanto il metilmercurio potrebbe precludere la crescita sana del feto), e la maggior parte delle marce di tonno “famose” rientrano nei limiti di mercurio imposti dalla legge.
In Italia è il pesce spada la tipologia di prodotto ittico in percentuale più ricca di metilmercurio che è percepibile in maniera maggiore (seppur non così diversa) nei prodotti freschi piuttosto che in quelli scatolati.
Quindi si, il tonno in scatola contiene mercurio ma in quantità tendenzialmente limitate e tenute il più delle volte “sotto controllo”.
