Pensioni 2023, ecco cosa cambia per l’opzione donna: “assurdo”

Il “mondo” delle pensioni in Italia costituisce una forma di terreno fertile per le discussioni ma anche per la politica nazionale ed internazionale. Ottenere abbastanza beneifici una volta terminato di lavorare in Italia, ma anche in altre nazioni dell’Europa che conosciamo risulta essere da sempre uno dei principali problemi che i vari governi ed entità sovranazionali come l’UE devono attenzionare, ma è una realtà come la nostra, che da oramai più di due decadi deve interfacciarsi con problematiche di tipo sociale, lavorativo e demografico, che porta un numero sempre maggiore di persone a fare ricorso quasi obbligatoriamente a strumenti differenti dalla tradizionale pensione, come Opzione donna, ribattezzata anche regime donna, che è stata confermata dall’esecutivo attuale in questo 2023.

Pensioni 2023, ecco cosa cambia per l’opzione donna: “assurdo”

Si tratta infatti di una nuova versione di questa forma di pensione anticipata dedicata, come intuibile, alle lavoratrici donne. Istituita dai precedenti esecutivi su base sperimentale, essa era stata introdotta sulla base di 58 o 59 anni di età anagrafica corrispondenti alle lavoratrici dipendenti o autonome, che avrebbero potuto fare richiesta di una forma ridotta rispetto alla pensione normale, con un minimo di 35 anni di età.

Per il 2023 le cose sono sensibilmente cambiate, anche se Opzione donna è stata confermata in questa nuova versione, che prevede un’anzianità contributiva di almeno 35 anni e un’età anagrafica di almeno 60 anni per poterne fruire, condizioni che vanno aggiunte ad altre più variabili. Possono fare richiesta infatti alcune categorie delimitate, come:

  • Se la lavoratrice assiste da almeno 6 mesi un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità o il coniuge nelle funzioni di caregiver
  • Se è presente nella richiedente una condizione di disabilità pari o superiore al 74 %
  • Se la lavoratrice è stata licenziata o ha visto cessare comunque il proprio rapporto lavorativo.

Il requisito anagrafico viene ridotto da 1 a 2 anni se la richiedente ha almeno 1 figli. 58 anni invece di 60 (sempre considerati i 35 di contributi minimi) per donne licenziate o dipendenti da un’azienda in stato di crisi anche se non hanno figli.

opzione donna

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