Il calcolo della già menzionata in passato Busta paga forma una sorta di dinamiche incidenti anche nell’ambito pratico, in quanto la busta paga definisce “lo stipendio” e quindi la ricchezza dei più disparati cittadini. Questo strumento viene anche utilizzato da parte dello stato per aumentare (seppur non per tutti) gli importi in relazione a dinamiche come l’inflazione.
Busta paga: chi prenderà meno soldi tra qualche mese?
Infatti il governo, come da tradizione, deve bilanciare gli importi di stipendi dei dipendenti e delle pensioni in corrispondenza ai valori di inflazione. Com’è noto l’inflazione influisce in modo negativo sulla “forza” del potere d’acquisto, quindi aumenti in busta paga per le categorie come i dipendenti saranno presenti ma in misura minore rispetto a quanto preventivato.
In particolare le buste paga saranno sensibilmente aumentate in virtù della modifica, già inaugurata dal governo Draghi, del cuneo fiscale, termine che corrisponde a tutta una serie di imposte legate al mondo del lavoro.
In linea di massima però per il 2023 gli importi sono più bassi del previsto: calcolando uno stipendio di 1000 euro, gli aumenti rispetto allo scorso anno non sono superiori di 10 euro in busta paga. Questo in virtù dello sgravio corrispondente a redditi sotto i 25mila euro annui (1.923 mensili), frutto di un taglio del 3 % rispetto al 2 % del 2022.
Non subiranno incrementi invece i redditi corrisposti tra i 25.000 e i 35.000 euro lordi annui, condizione dovuta ad una tendente volontà a “coprire” e fasce medio-basse.
A causa del mancato accordo tra stato e categoria come quelle di colf, badanti e baby sitter, queste figure professionali potranno godere di un adeguatamento in busta paga a partire da quella di gennaio corrispondente a salari più alti dai 109 ai 145 euro mensili a seconda dell’importo.
I dipendenti pubblci, in virtù della già citata situazione problematica dovuta all’inflazione, potranno godere invece di un incremento dell’1,5 % in busta paga, rispetto al 2022.